Le Tradizioni

A Belvedere M.mo i riti, le funzioni e le celebrazioni religiose del periodo quaresimale e, particolarmente quelle della Settimana Santa, sono seguite da un gran numero di fedeli e sono molto partecipate anche dal punto di vista emotivo.

Lo scopo di queste pagine (completamente aggiornate a partire da maggio 2011, rivisitate a marzo 2013, febbraio 2015 e febbraio 2016) è principalmente quello di presentare in maniera corretta, semplice e rigorosa tutti i riti, le funzioni, le usanze e le processioni che si svolgono nel periodo compreso tra il mercoledì delle Sacre Ceneri e il Venerdì Santo. Il progetto ambizioso che ci proponiamo è quello di farvi rivivere alcuni momenti delle celebrazioni ricreando, per quanto possibile, quel clima di particolare intensità emotivo-religiosa che si prova proprio durante il loro svolgimento.

Utilizzeremo a tal fine, oltre naturalmente ad un racconto descrittivo dettagliato e come forma verbale il tempo presente, anche foto, video e contributi sonori d’epoca. Riteniamo, perché utile al nostro scopo, di cristallizzare la descrizione dei riti e delle funzioni ad un periodo ben preciso compreso tra il 1960 e il 1988 circa. Questa scelta è basata su due motivi fondamentali: il primo è che i ricordi personali ci permettono di poter affermare con certezza che dopo l’anno 1988 alcune cose sono iniziate a cambiare a causa dell’unificazione delle parrocchie del Centro storico, del naturale cambio generazionale, della venuta di nuovi parroci; l’altro motivo è che siamo in possesso di materiale audio-visivo che ci permette di verificare alcune differenze fondamentali tra il periodo scelto e quello degli ultimi 20-25 anni (1989-2013 e seguenti).

E’ chiaro che sarebbe utile anche descrivere e dare una spiegazione ai cambiamenti che ci sono stati in questi ultimi anni, ma lasciamo questo compito ad altri. Un ultimo avvertimento. Quelli delle generazioni precedenti, a loro volta, potrebbero ravvisare nelle nostre descrizioni (ripetiamo fissate al periodo 1960-1988) i cambiamenti avvenuti nel corso dei 20-25 anni prima (dal dopo guerra al 1960 per intenderci) che volentieri vi avremmo proposto se ci fossero note.

E’ per questo motivo che facciamo un appello a coloro che sono a conoscenza di pratiche, riti o usanze non contenute in queste pagine affinché li segnalino scrivendo all’indirizzo mail “f.liporace@tiscali.it”.

MACINILLO

A: cassa, B: coperchio, C: manovella

D: martelletto, E: cilindro, F: piolo

G: martelletto, vista frontale

Il fragore si ottiene azionando la manovella C che fa ruotare il cilindro E (fissato da entrambi i lati alla cassa) in cui sono inseriti 3 (ma anche 4 o 5) pioli che, uno dopo l’altro, sollevano i martelletti corrispondenti lasciandoli poi cadere sulla base della cassa.

I martelletti sono liberi da un lato e fissati sulla base della cassa dall’altro.

I pioli, che sono pių lunghi del diametro del cilindro di circa cm 3 (in modo da fuoruscire dal cilindro di circa cm 1,5 da entrambi i lati), sono in esso perpendicolarmente conficcati, sono equidistanti l’uno dall’altro ed hanno direzioni diverse. Il fragore si ottiene azionando la manovella C che fa ruotare il cilindro E (fissato da entrambi i lati alla cassa) in cui sono inseriti 3 (ma anche 4 o 5) pioli che, uno dopo l’altro, sollevano i martelletti corrispondenti lasciandoli poi cadere sulla base della cassa.

I martelletti sono liberi da un lato e fissati sulla base della cassa dall’altro.

I pioli, che sono pių lunghi del diametro del cilindro di circa cm 3 (in modo da fuoruscire dal cilindro di circa cm 1,5 da entrambi i lati), sono in esso perpendicolarmente conficcati, sono equidistanti l’uno dall’altro ed hanno direzioni diverse.

 

TOCCA-TOCCA

Il fragore si ottiene mediante oscillazioni trasmesse al martelletto attraverso il movimento ritmico dell’impugnatura; in tal modo il martelletto ruota attorno al perno e batte sulla base prima da un lato e poi dall’altro.

TRIC-TRAC

Il fragore si ottiene mediante oscillazioni trasmesse al martelletto attraverso il movimento ritmico dell’impugnatura; in tal modo il martelletto ruota attorno al perno e batte sulla base prima da un lato e poi dall’altro. TRIC-TRAC

Il fragore si ottiene facendo ruotare la canna intorno all’impugnatura; in tal modo la tacca intagliata nella canna batte sul dente successivo della ruota dentata e cosė via.

A questo indirizzo possono essere segnalati anche il possesso di materiale audio-visivo o di qualsiasi altro tipo di materiale attinente l’argomento qui trattato ai fini della loro pubblicazione su queste pagine.

Dicevamo delle modifiche apportate ai riti e alle tradizioni. Nelle funzioni quaresimali dell’anno 2001, ad esempio, si assiste ad una serie di modifiche che in qualche modo fanno temere che ormai si è giunti a una svolta definitiva. Invece già dall’anno successivo c’è un “ripristino” delle tradizioni. Nel 2001, infatti, vengono abolite le tradizionali tre via crucis settimanali (di cui si parlerà più avanti), ma soprattutto l’11 aprile 2001 (mercoledì santo) per la prima volta non si svolge l’Ufficio delle Tenebre; anche le sere del 12 e 13 aprile (giovedì e venerdì santo) si assiste a due grosse novità: abolite le processioni interne del Santissimo, sia nella chiesa della Madonna delle Grazie sia in quella di S.Maria del Popolo (anche qui, per la descrizione dettagliata della funzione vedere più avanti) e modificata la processione esterna che parte dalla chiesa di S.Maria del Popolo e si conclude nella chiesa della Madonna delle Grazie. Si svolge, infatti, una via crucis particolare con le statue del Crocifisso, dell’Addolorata e di S.Giovanni al seguito e si modifica il tradizionale percorso della processione.

Non riteniamo riportare nel dettaglio come si svolgono le processioni. Riteniamo utile annotare, invece, che l’anno 2001 segna un punto di svolta, di rottura con le tradizioni che compromette e intacca in maniera forte e definitiva quel clima particolare che non ci sarà più negli anni successivi nonostante già a partire dall’anno successivo si sia ripristinato sia l’Ufficio delle Tenebre che la tradizionale processione esterna del Venerdì sera.

In quell’anno abbiamo ricevuto anche mail di belvederesi residenti in altre parti d’Italia che ci chiedevano perché a Belvedere nessuno si ribellava e protestava contro l’abolizione di queste bellissime tradizioni.

Oggi (scriviamo a marzo 2013) a distanza di molti anni possiamo dire che quell’anno 2001 se da un lato non ha, fortunatamente, cancellato del tutto le tradizioni quaresimali belvederesi dall’altro le ha fortemente compromesse a causa del pesante clima di scoraggiamento e di sbandamento determinato dalle abolizioni e dalle modifiche apportate. Basti ricordare e completiamo questa annotazione all’anno 2001 che in alcuni momenti delle funzioni, quando vengono in mente questo o quell’atto che si è sempre fatto negli anni precedenti, sono in molti a chiedersi “Ed ora, cosa succede? cosa facciamo?” e così non si sa come muoversi, cosa fare, dove andare e si resta immobili per paura di sbagliare. I macinilli non vengono utilizzati. Non si sa se cantare o meno il canto che si è sempre eseguito. E allora non viene cantato. Una situazione di smarrimento che avrà profonde e definitive ripercussioni negli anni successivi.

Croce Confraternite delle Grazie

Croce Confraternita del Rosario

Croce Confraternita del Crocifissp

Va, tuttavia, annotato che questi interventi si sono resi necessari, dal punto di vista religioso, per riportare sulla giusta via riti e comportamenti antiliturgici e per chiudere definitivamente con quel persistente clima di rivalità tra le due parrocchie non del tutto eliminato nonostante fossero state unificate fin dal 1988: fino al 2000, infatti, ci sono stati doppio rito della domenica delle palme, doppia messa in coena domini e così via.

In ogni caso non è compito di queste pagine entrare nel merito di questi aspetti religiosi né si vogliono criticare le decisioni prese, ma ci limitiamo semplicemente a raccontare le emozioni e i fatti registrando le aspettative e le reali situazioni che si sono venute a creare in quelle circostanze.

Un’ultima annotazione. Ci sentiamo di esprimere serenamente una raccomandazione a quelli che sono parte attiva in queste manifestazioni, soprattutto ai giovani, a tutti i livelli (canto, statuanti, fratìlli, fedeli, ecc…), e ai quali va dato atto che grazie a loro queste belle tradizioni continuano a vivere ancora oggi; la raccomandazione è questa: abbiamo ereditato dai nostri concittadini, amici, genitori, nonni queste tradizioni, tradizioni che loro vivevano intensamente, a cui partecipavano in maniera convinta perché ci credevano, le sentivano loro, le facevano loro. Oggi il rischio che noi corriamo è quello di prospettarle a noi stessi, in primo luogo, ma anche a chi ci sta intorno e alle generazioni future, di prospettarle, dicevamo, quasi come una insignificante e ridicola imitazione del passato, quasi come una rappresentazione teatrale, come qualcosa che non ci appartiene più, a cui prendiamo parte rimanendone però estranei, senza esservi coinvolti emotivamente, senza viverne il vero significato tradendo e ridicolizzando, così, la tradizione. Siamo convinti che prendere coscienza di questo rischio ci aiuterà veramente a scongiurarlo..

Completata questa ampia ma necessaria premessa, iniziamo il nostro lungo viaggio nelle tradizioni quaresimali di Belvedere M.mo.

Il venerdì dopo le Sacre Ceneri, nella chiesta di S.Giacomo (nota anche col nome del SS. Rosario) iniziano le Via Crucis che si svolgeranno tutti i venerdì successivi fino a quello precedente alla domenica delle Palme.

Gesù nell’Orto degli Ulivi

Ecce Homo

Nel periodo che abbiamo preso in considerazione (1960-1988) la Via Crucis non si tiene solo in questa chiesa. Tutte le domeniche, infatti, si svolge anche nella chiesa della Madonna delle Grazie (ora Santuario) dalla prima domenica di Quaresima fino alla domenica delle Palme e tutti i martedì, a partire da quello successivo alla prima domenica di Quaresima fino al martedì santo, nella chiesa di S.Maria del Popolo. L’ultima via crucis del martedì si svolge, generalmente, per le vie del paese ed è organizzata dai giovani dell’Azione Cattolica.

Avremo modo di ripeterlo altre volte ma è bene subito precisare che le tradizioni di cui parliamo sono sopravvissute perché sono caratterizzate da uno speciale coinvolgimento personale: la partecipazione a queste manifestazioni religiose si tramanda, tacitamente, di padre in figlio e spesso diventano più coinvolgenti quando il proprio caro non c’è più.

Chi non ha un nonno, il papà o un fratello che non c’è più e che era fortemente legato ai riti e alle processioni quaresimali? E’ questa assenza che rende ancora più viva, più forte, più sentita emotivamente la partecipazione a queste funzioni e processioni. In questo consiste, fondamentalmente, il coinvolgimento personale di cui si parlava prima e che concretamente si manifesta con piccoli gesti ripetitivi (seguo o porto la stessa statua che seguiva o portava nello stesso tratto di strada mio nonno), piccoli ricordi personali (non avevo ancora 7 anni quando mi riparai dalla pioggia sotto la statua della Veronica), emozioni (mia madre si commuoveva quando il giovedì santo sera il predicatore chiamava dal pulpito la statua dell’Addolorata. Allora io la prendevo in giro, oggi che non c’è più, mi attacco con dolore al suo ricordo e alle sue lacrime).

Questi sono, sostanzialmente, insieme alla semplicità dei riti, i motivi che stanno alla base della prevalenza e della sopravvivenza di queste manifestazioni religiose tradizionali, che non perdono mai di vista il loro habitat religioso e che non sfociano mai in tratti folclorici.

Poi vi sono i bellissimi canti, i semplici strumenti che vengono utilizzati sia all’interno delle chiese sia all’esterno (“macinìllә”, “tocca-tocca”, “tric-trac”, “mashchìttә”, la tromba, le catene), le croci e gli abiti delle confraternite, le 10 statue che vengono portate in processione, la marcia funebre Jone eseguita dalla locale banda musicale, l’allestimento dei cosiddetti “sepolcri” (altari della Reposizione).

Angelo confortatore

Veronica

Ritorniamo alla via crucis. Quella del rito della via crucis essendo la prima in ordine cronologico, è una ricorrenza molto attesa. In questa funzione religiosa, come in quelle che qui descriveremo, non avviene nulla di straordinario ma riteniamo che è proprio la semplicità un importante elemento caratteristico di questi riti quaresimali, semplicità che insieme al coinvolgimento personale, ha permesso a queste tradizioni di sopravvivere e radicarsi così a lungo nei cuori dei fedeli.

I 14 canti che da decine di anni vengono cantati durante questa funzione religiosa sono molto belli, sia dal punto di vista delle parole che da quello più strettamente della melodia, sono conosciuti e cantati da tutti ed aiutano a vivere più intensamente la via crucis.

Certamente oggi la scomparsa di alcuni personaggi coinvolti in prima persona nelle funzioni rende meno intenso e vivo il rito perché loro rappresentavano in un certo senso il ponte di collegamento tra il presente e il passato. Come non ricordare il parroco della chiesa di S.Maria del Popolo don Ciccio Campise, il parroco della chiesa delle Grazie don Guido Mollo, don Ciccio Monetta, gli organisti Filippo Mistorni e Peppino Granito, la voce di Salvatore Biondo e di Salvatore Lancellotta, i sig.ri Peppino Gaglianone ed Enrico De Sio, e tanti altri che vorremmo ricordere in queste pagine. A tutti loro abbiamo in progetto di dedicare un museo virtuale della settimana santa che da anni stiamo cercando di organizzare ed allestire senza riuscirci.

Dicevamo della via crucis. Quella del martedì, già a partire dal 1989 è stata la via crucis che gradatamente è stata soppressa e sostituita con una sola via crucis esterna il martedì santo. Per qualche anno, poi, anche la via crucis del venerdì, a partire dal 2001, è stata sostituita con via crucis esterne in diverse zone del comune. Già da diversi anni, però (a partire forse dal 2005), è stata ripristinata la tradizionale via crucis in chiesa. Una serie di cambiamenti, dunque, negli ultimi decenni, che hanno stravolto l’impianto che invece era rimasto a lungo quello tradizionale che possiamo con ragionevole certezza collocare dal dopoguerra fino al 1988. E questo spiega anche la nostra iniziale scelta di fermare l’orologio ad un periodo ben preciso..

IL MERCOLEDI’ SANTO

Si entra nel vivo della settimana santa con il rito dell’Ufficio delle Tenebre localmente chiamato “i trèmulә”, rito che si svolge il mercoledì santo nella chiesa di S.Maria del Popolo.

A creare il clima particolarmente emozionante ci pensa un personaggio tipico della settimana santa: “Gennaro, il cieco” che molto prima dell’inizio della funzione comincia a far fragore con il “macinillo” per le vie del paese. A poco a poco sono tanti i ragazzi che si uniscono a lui portando con sè il proprio macinillo. Sentire questo suono provenire dall’esterno mentre sei in casa, contribuisce fortemente a farti entrare in quell’atmosfera suggestiva tipica della settimana santa. Gennaro, di cui pubblichiamo una foto a lato, è uno dei personaggi più importanti della settimana santa belvederese. Vive nella vicina città di Paola ma ritorna a Belvedere ogni anno proprio in questo periodo insieme al fratello Eugenio da tutti noi chiamato “Genio a civètta”. I due sono scomparsi già da molti anni e la loro scomparsa ha inciso profondamente sul clima di cui stiamo trattando in queste pagine perché sono venute meno due icone ma soprattutto due concreti protagonisti della settimana santa di Belvedere.

I ragazzi insieme a Gennaro si ritrovano davanti alla chiesa Madre e poco prima dell’inizio della funzione entrano in chiesa, in silenzio, e si sistemano sui gradini dell’altare maggiore.

La celebrazione si svolge con la lettura dei vespri (un tempo in latino) intervallati dai bellissimi canti in latino del Benedictus (Cantico di Zaccaria, Luca 1,68-79) e del Miserere (Salmo 51). Sull’altare è collocato il tipico grande candeliere a forma di triangolo con 13 candele accese rappresentanti i 12 apostoli e, quella centrale posta al vertice, che rappresenta Gesù.

Prima di proseguire vorrei riportare integralmente come viene descritto questo rito dell’Ufficio delle Tenebre in un libro liturgico del 1922 (1) per avere un’idea di come si svolgeva in altre parti d’Italia e capire se quello che qui noi stiamo descrivendo attingendo ai ricordi personali e a quelli della nostra comunità sia in continuità con la vera nostra tradizione parrocchiale oppure sia frutto dei continui stravolgimenti causati da false interpretazioni o ricordi sbagliati.

Gesù alla colonna

Crocifisso

“Viene posto davanti all’altare, dal lato dell’epistola, un grande candeliere triangolare, sul quale sono disposte quindici candele, le quali con le altre sei poste sui gradini dell’altare, devono essere di cera vergine. Al termine di ogni salmo o cantico, se ne smorza una, restando da ultimo accesa quella sola che si trova all’estremità superiore del triangolo. Durante il cantico del Benedictus si estinguono parimenti anche le sei dell’altare maggiore. Quindi si prende l’unica candela rimasta accesa e viene nascosta (senza però smorzarla) dietro l’altare. In questo frattempo si canta il Miserere con la preghiera di conclusione che segue il salmo. Teminata la quale, si fa un piccolo strepito, si mostra la candela tratta di sotto l’altare e tutti si alzano e partono in silenzio.”

In altro libricino del 1876 (2) viene spiegata la genesi dell’Ufficio delle Tenebre e l’anticipo dalle prime ore del giovedi santo alla sera del mercoledì: “Si racconta che nel vecchio tempo ebbe in costume la Chiesa ragunarsi in più e diverse ore a far Coro e dar lodi al Signore….Fra queste (ore cosiddette Canoniche) le più celebri… furono quelle in cui nel più cupo della notte sorgevano a salmeggiare, che perciò uffizio notturno e delle tenebre furono chiamate…La Chiesa….o per condiscendere alla debolezza di molti o perché non istimò spediente….le pubbliche tuttoché sagre ragunanze in tempo di notte, fè cessare le antiche vigilie: ed acciocchè il popolo comodamente potesse assistere a queste avanzò il tempo della mezza notte alle ore di sera del giorno antecedente. Ma tuttavia….è rimasto il nome….di Uffizio delle tenebre non senza mistero: perché non solamente ancor dopo che furono soppresse le antiche vigilie, continuò questo a celebrarsi nel bujo della notte ma perché finisse a lumi affatto spenti…

Bara del Cristo morto

Caduta

Nel tempo di questi Uffizi si pone avanti all’altare un gran candeliere in forma di triangolo sul quale sono molte candele accese che si estinguono successivamente ad ogni Salmo.”

Interessante è la spiegazione storica che viene data allo spegnimento delle candele, molto diverso da quello cui noi siamo stati abituati (i discepoli che abbandonano il Maestro, che non riescono a rimanere svegli nel Getsemani, che si disperdono e vacillano nella fede, la solitudine di Gesù durante il processo davanti al Sinedrio).

Il libro così continua: “Ne’ primi secoli della Chiesa i Cristiani che convenivano a celebrare i divini Uffizi avanti giorno e che sovente, a causa delle persecuzioni, erano costretti a ragunarsi in luoghi sotterranei ed oscuri, si trovavano obbligati ad accender lampade e lumi per vedervi. Erano questi per lo più grandi candelieri in figura di triangolo, sospesi in alto, o attaccati ad assi, posti sull’altare medesimo….l’uso di questo candeliere, come di ogni altro lume che si accende agli Uffizi Divini a giorno già chiaro, venga da ciò che i Cristiani han continuato a far per convenienza quello che dapprima facevano per necessità e che in quello smorzarsi de’ lumi non vi è altro mistero se non che si spegnevano a misura che si chiariva la notte”.

Ma l’autore non è d’accordo con questa spiegazione di carattere storico e ritorna alla spiegazione cui tutti siamo abituati, spiegando così i motivi del suo disaccordo: “Imperocché il mistero è la sostanza e l’anima delle nostre cerimonie: e certe spiegazioni puramente letterali (e storiche) non solo rimangono fredde e morte, ma sono ancora di scapito alla pietà ed alla Religione”.

“Mentre si canta il cantico Benedictus, estinte prima tutte le candele poste nel candeliere triangolare, alla riserva di quella posta alla sommità del candeliere, si estinguono a poco a poco le sei candele accese da principio sull’altare in modo che all’ultimo versetto venga estinta ancora l’ultima. Si estinguono parimente tutte le lampade e tutti i lumi della Chiesa e nel ripetersi l’antifona “Tràditor” [il canto Benedictus termina con …in quibus visitavit nos oriens ex alto. Poi vi è l’ultima strofa recitata dal celebrante. A Belvedere non si recita l’antifona: “Tràditor èutem dedit eis….” ma il Gloria Patri…] si prende la candela accesa rimasta sul candeliere e si asconde sotto l’altare dalla parte dell’Epistola….Al cominciarsi il versetto “Christus factus est pro nobis obédiens usque ad mortem…” tutti si pongono in ginocchio ed in fine di esso si dice tutto basso il “Pater Noster” indi il salmo “Miserere” …ed essendo finito si dice… “Respice, quaésumus Dòmine, super hanc famìliam tuam,…” e…. “Qui tecum vivit etc.”. Finita l’Orazione si fa un piccolo strepito e si mostra la candela accesa tratta fuori da sotto dell’altare: tutti si alzano e partono in silenzio”.

Abbiamo ritenuto fare questa ampia descrizione del rito per dare l’idea di come le tradizioni possono facilmente subire cambiamenti e stravolgimenti a partire da una tradizione comune e quanto sia difficile rispondere alla domanda: “Come si svolgevano i trèmulә a Belvedere una volta (1960-1988)?”.

San Giovanni

Addolorata

A nostra memoria possiamo dire che sicuramente negli anni che qui stiamo considerando (1960-1988) c’era il candeliere triangolare, anche se non ricordiamo esattamente quante candele poteva contenere (13 o 15). Tuttavia riteniamo che se l’attuale candeliere contiene 13 candele anche quello che veniva usato negli anni passati ne conteneva altrettante perché dobbiamo ragionevolmente credere che quello attuale sia stato realizzato tenendo come modello quello precedente, oggi in disuso (che ricordo era di colore grigio/argento).

Oltre alle candele del grande candeliere triangolare venivano spente anche le candele dell’altare maggiore anche se non ricordiamo esattamente se queste ultime venivano spente all’inizio oppure dopo quelle del grande candeliere. Molto probabilmente venivano spente dopo. Negli ultimi anni, invece, non ci sono candele da spegnere sull’altare ma vengono spente solo quelle del candeliere.

Ad ogni verso del Benedictus prima e del Miserere dopo viene spenta una candela fino agli ultimi due versetti “Benigne fac, Domine, in bona voluntate tua Sion: ut aedificentur muri Ierusalem. Tunc acceptabis sacrificium iustitiae, oblationes, et holocausta: tunc imponent super altare tuum vitulos.”, a questo punto la tredicesima candela, l’unica rimasta accesa, viene staccata dal candelabro e portata dietro l’altare (non verrà spenta). Infine viene recitato il “Gloria Pàtri, et Fìlio, et Spìritui Sancto, sicut erat in princìpio, et nunc, et semper, et in saècula saèculorum. Amen”, dopo di che tutte le luci vengono spente e iniziano “i trèmulә”, inizia cioè il frastuono che rimbomba in tutta la chiesa causato dai presenti in chiesa che picchiano il palmo della mano sui banchi o che più volte li sollevano lievemente da terra e dai ragazzi che utilizzano gli strumenti tipici come i “macinilli”, i “tocca-tocca” e i “tric-trac” per fare fracasso. L’effetto che si ottiene, al buio, è particolarmente toccante e suggestivo e rievoca, specialmente alle persone più avanti con gli anni che vi hanno sempre partecipato e che non vi rinuncerebbero mai per nessuna ragione, momenti della propria infanzia quando a portarli alla funzione religiosa, dalla mano, era stato il proprio papà. Momenti suggestivi che sembrano rasentare il folklore ma all’attento osservatore non sfuggirà il clima di compostezza e di preghiera di cui la chiesa, in fondo, è ampiamente pervasa. Sono molti i fedeli che rimangono in ginocchio, composti, in silenzio, in preghiera. Le candele che si spengono rappresentano gli apostoli scelti da Gesù che non riescono a vegliare e lo tradiscono. Il fragore rappresenta il terremoto che si ebbe quando Gesù morì sulla croce.

Prima di concludere questa parte sul mercoledì santo, vorremmo fare una annotazione. La descrizione fin qui data di come si svolge la funzione, si riferisce a come si svolge in questi ultimi anni (1990/95-2015). Il libricino del 1876 di cui abbiamo riportato alcuni brani, ci mette il seguente dubbio: tra il 1960 e il 1990/95 circa, il canto “Misere” anche a Belvedere veniva eseguito mentre la candela veniva nascosta dietro l’altare? Non lo ricordo, ma non escludo che ciò sia stato possibile. La candela, comunque, non veniva spenta se non quando venivano riaccese le luci e terminava il fragore.

Caduta sul Calvario

Sul Calvario

Nelle vie del Centro Storico

Quando le luci si riaccendono i ragazzi, che sono rimasti seduti sui gradini, continuano a fare frastuono con i macinilli e, con in testa Gennaro, escono dalla chiesa, fanno un piccolo giro lungo le vie del centro storico e poi ad un certo punto il gruppo si scioglie e ognuno rientra a casa.

Tutto ciò si è ripetuto per anni fino agli anni ’70. Dopo la morte di Gennaro, le cose sono cambiate e via via questa tradizione (sedersi sui gradini dell’altare ed uscire dalla chiesa continuando a far fragore) si è perduta e dimenticata. Io la riporto perché l’ho vissuta in prima persona.

IL GIOVEDI’ SANTO

Il Giovedì santo sera nella chiesa di S.Maria del Popolo si svolge la S.Messa in Coena Domini con la lavanda dei piedi, poi verso le 20.30 inizia la predica di passione.

Non entriamo, però, nel dettaglio dei riti. Sono rimaste nella tradizione e nella memoria di tutti le classiche parole con cui il predicatore chiamava la statua della Madonna Addolorata: “Entra Maria, prendi tuo figlio”. Durante la predica del giovedì santo, infatti, entrano in chiesa, la statua dell’Ecce Homo (quando l’omelia si sofferma sulla flagellazione e sulla famosa espressione di Pilato “Ecce Homo!”) e pochi minuti più tardi la statua dell’Addolorata (quando si parla della morte di Gesù in croce e della sofferenza di Maria che è rimasta ai suoi piedi).

Forte è l’emozione quando si spalancano le porte della chiesa per far entrare le statue. La chiesa è affollata, tutti si alzano in piedi e rivolgono lo sguardo verso l’ingresso; il predicatore continua la sua predica sulla Passione di Cristo, poi rivolge una preghiera alla statua che si ferma sotto il pulpito.

Ciò si ripete, come dicevamo, per ciascuna delle due statue.

L’Addolorata rimane sotto il pulpito fino alla fine della predica, poi il sacerdote prende il piccolo crocifisso che tiene a fianco a sè fin dall’inizio della predica, benedice i fedeli e poi lo depone sulle braccia dell’Addolorata. Sono gesti veramente molto toccanti, perché ripetitivi, consolidati, tradizionali, durante i quali si canta con solennità il canto “Stava Maria dolente”.

Un tempo si usava portare da casa le sedie per assicurarsi un posto in chiesa di fronte al pulpito ma anche per non rimanere in piedi perché la gente, il giovedì santo, è stata sempre tanta.

Ma il giovedì santo è caratterizzato anche da un altri due particolari, che oggi non sono vissuti come fino a qualche decennio fa: i sepolcri e la processione del SS.Sacramento verso i sepolcri.

Parlare dei sepolcri e ricordare come erano allestiti è veramente emozionante. I Sepolcri, mi piace continuare a chiamarli così anche se da adulto poi ho scoperto che sono gli altari della Reposizione in cui vengono deposte, il giovedì santo sera, dopo la S.Messa in Coena Domini le ostie consacrate, perché a partire da quel momento e fino alla domenica di pasqua il rito della consacrazione viene sospeso.

I SEPOLCRI

Tutte le chiese del centro storico avevano, fino al 2000 (???), il loro Sepolcro: c’era tra di loro una tacita gara per chi allestiva quello più maestoso e ricco di fiori.

Pieno di fiori disposti in composizioni particolari e di vasetti con grano fatto crescere al buio, con luci e candele accese, il Sepolcro dà il senso – seppur in maniera errata, ripetiamo, in quanto si tratta di altare della Reposizione dell’ostia consacrata e non del luogo dove venne deposto il corpo morto di Gesù – dà il senso, dicevamo, del dramma della morte in croce di Gesù. In chiesa, ora, non si parla o se si parla lo si fa sottovoce, le luci tutte intorno sono spente, sono accese solo quelle del Sepolcro, i banchi che normalmente sono disposti parallelamente tra di loro e rivolti verso l’altare principale ora sono disposti trasversalmente in modo da creare un corridoio che porta al Sepolcro e un ampio spazio vuoto di fronte. Entrando in chiesa ti accorgi subito che c’è il Sepolcro e non tanto per i fiori, il parato, le candele o altro. Ti accorgi che c’è il Sepolcro per il silenzio. Quando qualcuno entra in chiesa senti solo il rumore dei passi. E’ un rumore diverso dal solito, c’è un rimbombo diverso, dovuto anche alla diversa disposizione dei banchi. Ogni chiesa, poi, ha una persona, sempre la stessa da anni, che rimane in un angolo a lato del Sepolcro tutto il giorno, spesso anche senza ritornare a casa per pranzo, a guardia del Sepolcro. Anche la scomparsa di queste pie donne, silenziose, ha contribuito a sottrarre piccoli ma importanti tasselli al grande quadro del clima della settimana santa.

Il giovedì alle 23,00 c’è l’appuntamento con la veglia: un’ora di preghiera tutti raccolti intorno al Sepolcro. Le preghiere, sempre le stesse, lette ormai da anni dalle solite persone, contribuiscono a creare un clima che veramente ti fa pensare al dramma della morte di Gesù in croce. E’ vero, Gesù è morto il venerdì e la Chiesa, a poco a poco, ha cercato di riportare tutto nel giusto alveo della liturgia, ma quel clima di silenzio, di riflessione, di preghiera emozionante non si ripeterà più.

LA PROCESSIONE DEL SANTISSIMO FINO AL SEPOLCRO

La celebrazione della S.Messa del giovedì termina con la breve processione composta dal celebrante, dai chierichetti e dai dodici apostoli che parte dall’altare maggiore fino al sepolcro. Si porta in processione il SS.Sacramento. Questa processione si svolge prima nella chiesa delle Grazie e poi in quella di S.Maria del Popolo. Nella prima il sepolcro viene allestito nella cappella della Madonna delle Grazie mentre nella seconda nella cappella di S.Giuseppe. Due processioni solenni e maestose, le più solenni e maestose di tutto l’anno liturgico. Durante la processione si intona il maestoso canto Pange lingua, le campane non vengono suonate (taceranno da questo momento fino alla notte di Pasqua), il loro posto lo prende il frastuono dei macinilli e dei tocca-tocca. Il SS.Sacramento, portato solennemente in processione “protetto” dal tipico ombrello, il canto Pange lingua e il suono dei macinilli creano un clima di solennità veramente forte, irripetibile ed è difficile far rivivere, a chi non l’ha vissuta in prima persona, l’atmosfera quasi surreale creata dall’insieme di questi quattro elementi (Sacramento, ombrello, canto, fragore). Ma non è finita qui. Una volta posizionato il SS.Sacramento nel tabernacolo del “Sepolcro” il clima solenne cessa immediatamente, ora predomina il silenzio assoluto, il sacerdote si inginocchia e tutti si inginocchiano. Inizia il canto “Umile ostia”, siamo nella chiesa della Madonna delle Grazie. Un canto di rara commozione che oggi non viene più cantato. Nella chiesa di S.Maria del Popolo si svolge tutto esattamente nella stessa maniera, ma al posto del canto Umile Ostia viene intonato “E’ spirato”. In questa chiesa si assiste anche ad un altro particolare: terminato il Pange Lingua l’organista ed il coro lasciano il posto ad un altro organista e ad un altro coro perché saranno questi ultimi a cantare “E’ spirato”.

Finite le celebrazioni, quasi tutte le luci vengono spente, restano accese solo quelle dei sepolcri.

IL VENERDI’

Anche il venedì santo ha la sua particolarità e il suo piccolo tratto caratteristico che ti fa ricordare, alle prime luci dell’alba, mentre sei ancora a letto, che è il giorno della processione al Calvario. E’ il suono della tromba della settimana santa che all’alba, per le vie del centro storico, viene suonata ripetutamente sempre col tipico motivo, noto a tutti i belvederesi. Anche questo aspetto è veramente toccante perché ti fa pensare a tutti i venerdì santi degli anni precedenti, fin da quando lo ascoltavi da bambino, quando però non gli davi tanto peso, perché ti sembrava quasi naturale, familiare. Ascoltare la tromba, dal vivo, quando ancora sei a letto, ti fa andare con la mente a tutti i venerdì santi degli anni passati e ti rende comunque protagonista della tradizione, ti ci spinge dentro al punto che non riesci a concepire la possibilità di mancare a questo appuntamento.

Alle 9.00 dalla chiesa delle Grazie parte la processione con le dieci statue che simboleggiano i diversi momenti della passione di Gesù. La processione, a cui partecipano migliaia di persone, segue sempre lo stesso percorso che qui riassumiamo: chiesa delle Grazie, piazza Amellino, chiesa del Crocifisso, di nuovo piazza Amellino, via XX Settembre, Scale, Acquaro, chiesa di S.Francesco, Calvario. Qui la processione si ferma all’incirca 20 minuti. Il Crocifisso viene appeso alla grande croce di ferro, una breve predica tenuta dal predicatore e poi la processione riprende, si ripassa dall’Acquaro, si sale dalla salita della chiesa di S.Lucia, si passa di nuovo dalle Scale, di nuovo da via XX Settembre, porta della Piazza, via Maggiore Mistorni, Corso Castel Rugiero, Piazza Castel Rugiero. Qui la processione si divide: i fratilli che sono in testa alla processione proseguono insieme a tutte le altre otto statue dal vicolo della clinica Spinelli mentre l’Addolorata e San Giovanni vanno da via ——– per poi incrociarsi tutti all’uscita del vicolo. E’ quello che viene chiamato “incontro” tra l’Addolorata e la statua della “Bara”. Si prosegue per la chiesa del Rosario, la via dei negozi. Poi la statua dell’Addolorata, di San Giovanni e il Crocifisso si staccano dalla processione perché vengono portati nella chiesa di S.Maria del Popolo dove rimangono fino alla sera quando di nuovo in processione, dopo la predica delle Sette Parole, verrano riportate nella chiesa delle Grazie. Alle ore 13,00 circa la processione mattutina del venerdì santo fa rientro nella chiesa da dove era partita.

Come già accennato il venerdì sera nella chiesa di S.Maria del Popolo si tiene la predica sulle Sette ultime parole di Gesù sulla Croce (comunemente chiamata “a prìdica di settә paròlә”), durante la quale vengono cantati i relativi canti, Anche questi canti, molto belli, contribuiscono a creare un clima di emozioni molto forti.

Poi la processione verso la chiesa della Madonna delle Grazie dove si concludono, con il bacio della Sacra Reliquia della Croce, tutti i riti e le funzioni tradizionali

LE TRADIZIONI PERSONALI

Chiudiamo questo lungo capitolo dedicato alle tradizioni quaresimali, cercando di spiegare soprattutto a chi non è di Belvedere, ai più giovani e comunque a chi non ha mai avuto un coinvolgimento diretto in questi riti e processioni, perché i belvederesi sono legati alla settimana santa e cosa succede durante le processioni. In parte abbiamo già spiegato ampiamente cosa succede e perchè si è legati a queste tradizioni. Qui vorrei evidenziare altri due aspetti e atteggiamenti che se non collocati nel giusto alveo possono essere fraintesi e magari essere attribuiti a religiosità falsa, superficiale, esteriore. Si tratta del continuo passamani della statua del Crocifisso. Durante le due processioni del venerdì santo, quella mattutina e quella serale, infatti, si assiste al continuo passamani del Crocifisso. Ciò apparentemente può sembrare quasi un contendersi duramente la statua, una lotta causata da una fede arretrata, esteriore, priva di senso, come se si volesse accaparrare le grazie del Signore solo perché si porta una statua. Ma non è così. Certo ci saranno pure le eccezioni, ma quel continuo passamani, invece, è al tempo stesso una sofferenza e un tenero ricordo del proprio papà, della nonna, del fratello che non c’è più. Questo gesto apparentemente rude e di fede superficiale, in realtà nasconde un ricordo caro e struggente di quando bambini eravamo a fianco del papà, della mamma, del nonno, della nonna mentre portavano con tanta emozione quella statua, sempre nello stesso tratto, nei pressi della casa dove un tempo la loro famiglia abitava. E così di padre in figlio.

Infine l’altro aspetto, meno apparente ma non meno suggestivo e caro che non sfugge a chi conosce le storie personali: si tratta di quelle persone che, ogni anno, da anni, in silenzio, seguono sempre la stessa statua così come faceva suo padre tanti anni prima.

Ecco, questo è il clima della settimana santa. E’ tutto quest’insieme di cose, di ricordi, di situazioni che contribuiscono a farti percepire e vivere i riti e le funzioni in un modo così coinvolgente. Alcune volte accade che per un attimo, come ci capita quando ascoltiamo una musica o sentiamo un odore o osserviamo un colore, vieni inconsciamente riportato indietro nel tempo riprovando emozioni particolari del passato che vorresti durassero almeno il tempo necessario per poterle capire e fissarle nella mente ma che, purtoppo, svaniscono velocemente perché, appunto, durano un attimo.

(1): La Settimana Santa e la Settimana di Pasqua, a cura di E. Caronti e L. Totaro, Monaci Benedettini Parmensi, edizione LICET, Berruti, Sismondi & C. Torino, 1922

(2): Uffizio della Settimana Santa, versione italiana a cura di Monsignor A. Martini, con le annotazioni dell’Abate A. Mazzitelli, Napoli 1876.

CENNI SU ALTRE TRADIZIONI

Si inizia il 6 gennaio con la processione del Bambino Gesù, il 17 gennaio la fiera e la processione del Sant’Antonio Abate (nella località omonima), il 25 marzo la fiera della SS. Annunziata, il 5 aprile la processione di S.Vincenzo Ferreri, il 3 maggio e il 14 settembre il SS. Crocifisso, l’8 maggio (se di domenica) o la prima domenica successiva la processione della Madonna del SS. Rosario, in giugno la processione della statua del Sacro Cuore di Gesù e la nona domenica dopo Pasqua la processione del Corpus Domini, il 2 ed il 31 luglio la festa della Madonna delle Grazie, dal 13 al 20 ottobre la fiera (che si svolge nella Marina di Belvedere) e le processioni del Santo Daniele Fasanella di Belvedere, il 22 novembre la processione di S.Cecilia martire, il 13 dicembre la processione di S.Lucia martire.

Altre piccole tradizioni, per lo più ormai in disuso: il 1° maggio si mangiano fichi secchi, altrimenti “ti raglia llu ciāucci (= asino)”; il giorno dell’Ascensione di Gesù ci si lava il viso con le rose; la notte di tutti i Santi (1° novembre) si apparecchia la tavola per i propri cari defunti, che, secondo la tradizione, prima dell’alba vengono nelle nostre case a farci visita. Mentre le prime due usanze sono ancora praticate (chiaramente non in maniera diffusa), la terza è completamente scomparsa negli anni che vanno dal 1960 al 1970.

Esiste, da marzo 1999, una raccolta, non in commercio, di tutti i canti della via crucis e della settimana santa con tutti i testi e le musiche (quasi tutte inedite) curata da amatore locale. Anche per quanto riguarda la descrizione dettagliata di tutti i riti e le funzioni della settimana santa, esiste, da marzo 1997, un opuscolo, anch’esso non in commercio, anche questo curato da amatore locale, al quale opuscolo si rimandano coloro che volessero avere maggiori notizie su come si svolgono queste manifestazioni religiose.