Chiesa SS. Crocifisso
Nota: le foto di queste pagine sono in gran parte quelle originali del 1999/2000 lasciate per motivi “storici”.
STORIA E ARCHITETTURA a cura di Giovanni Terranova (*)
La Chiesa del Crocifisso sorge a margine del centro storico di Belvedere Marittimo, su un promontorio roccioso circondato da fabbricati risalenti al primo ‘900. Il contesto urbano è quello immediatamente prossimo all’edificato storico sviluppatosi con un impianto urbano la cui perimetrazione viene identificata con la murazione aragonese del 1490. La Chiesa è posta all’interno di una piccola piazza con accesso da Via Antonio Pepe.
La sua edificazione fu avviata nel 1599 dai confratelli della Congregazione di Santa Maria del Pianto, “eretta con le continue e larghe limosine dei cittadini”, le cui Regole vennero approvate dal Vescovo di San Marco Argentano, Mons. Giovanni Girolamo Pisani, il 14 novembre di quell’anno. In un documento del 4 luglio 1728 la chiesa viene chiamata con la duplice denominazione di “Santa Maria del Pianto” e del “SS. Crocifisso”, che ricorre in molti atti della prima metà del Settecento, allo scopo di identificare in maniera più precisa il sacro edificio, che aveva cambiato nome agli inizi del secolo. La chiesa fino al 1708 viene indicata nei documenti come Chiesa di Santa Maria del Pianto, e dal 1722 come Chiesa della Confraternita del SS. Crocifisso. Era stata dunque la Confraternita a cambiare nome e a modificare, di conseguenza, anche il nome della propria chiesa. In un atto del 1732 si legge infatti: “Confraternita laicale della Venerabile Chiesa di S. Maria del Pianto, hoggi riformata e detta il SS.mo Crocefisso”. Ma cosa determinò tale “riforma”? La risposta è da individuarsi nella scultura lignea raffigurante Cristo crocifisso collocata sull’altare maggiore, una superba opera d’arte, di inestimabile valore, realizzata nel 1711, epoca in cui, quasi certamente, la chiesa assunse la nuova denominazione di SS. Crocifisso. La nuova intestazione trovava piena rispondenza nello stesso motivo ispiratore della congrega, ovvero la compartecipazione alle sofferenze di Cristo quali fratelli flagellanti, che praticavano penitenze severe soprattutto durante la settimana santa, per provare sul proprio corpo i supplizi della Passione.(1)
La tipologia costruttiva della chiesa è a navata unica con vano presbiterale chiuso, superiormente, da una cupoletta. Sul lato destro dell’ingresso, un piccolo campanile completa la quinta della facciata. L’area di corte presente sul lato destro dell’aula liturgica e la relativa porta di accesso lasciano presupporre un impianto originario con un chiostro interno e un corpo di fabbrica adiacente la facciata della chiesa prospettante sulla piazza attigua. Tale ipotesi tipologica sembra trovare una conferma per la presenza di un passaggio con volta a botte in pietra tra la piazza e l’area di corte, attualmente adibita a giardino.
Internamente la chiesa si presenta con un apparato decorativo semplice costituito da una triplice scansione a lesene sui lati lunghi e un arco a tutto sesto posto a separazione del vano presbiterale quadrato. Quest’ultimo è sormontato da una cupola a calotta sferica realizzata secondo tecniche costruttive locali. L’attuale aspetto deriva da un intervento realizzato negli anni ’80 a seguito di un fulmine abbattutosi sulla chiesa. Alcune foto risalenti alla seconda metà del secolo scorso conservate negli archivi della locale Soprintendenza BAP attestano la presenza di fasce a rilievo sull’estradosso della cupola secondo il modello visibile presso il Santuario della Madonna delle Grazie a poche centinaia di metri dalla chiesa oggetto d’intervento. La forma della cupola suggerisce una esecuzione costruttiva realizzata con laterizi sovrapposti su strati di malta, senza l’ausilio di centine. In corrispondenza dell’ingresso si imposta la cantoria su tre campate sormontate da volta a crociera.
La copertura è costituita da capriate lignee, terzere e listelli in canna o legno su cui si innestano filari di coppi e canali.
Nel nicchione posto al di sopra dell’altare è alloggiato il crocifisso ligneo da cui prende il nome la chiesa. La statua, scolpita da tutto tondo, colpisce per le ampie dimensioni (2 * 3 m. ca.) e per la straordinaria espressione di sofferenza e realismo sul volto e sulle membra del Cristo. Si tratta di un pregevole esempio di scultura lignea della Controriforma che, secondo gli ultimi studi, può essere attribuita allo scultore napoletano Giacomo Colombo (1663-1731) o alla sua bottega e successivamente dipinto da Pietro Frasa (1678-1711), attivo nell’Italia meridionale. L’opera richiama analoghe realizzazioni commissionate allo scultore per le cattedrali di Troia e Foggia.
(*): dalla relazione storica sulla chiesa del Crocifisso redatta dall’arch. Giovanni Terranova in occasione dei lavori di consolidamento e restauro della chiesa (autunno 2013).
Quella “croce di legno” posizionata sull’altare, davanti alla quale sostavano in preghiera i confratelli, venne sostituita nel 1711 con l’attuale Crocifisso in legno scolpito e dipinto, ordinato da un autorevole committente, il cui nome è rimasto finora ignoto, che doveva sicuramente avere una grandissima sensibilità artistica ed una notevole apertura verso le novità, oltre che una profonda religiosità. Inoltre, doveva mantenere influenti contatti con l’ambiente artistico napoletano o pugliese, territori ove operava in quegli anni l’autore della scultura, o perlomeno con i principali rappresentanti locali dell’Ordine Domenicano, probabilmente attraverso gli importanti conventi di Bonifati o di Guardia Piemontese, dal momento che il geniale artista del Crocifisso, il chierico secolare Pietro Frasa, era legato alla famiglia dei domenicani tramite l’amicizia ed i rapporti di collaborazione con il venerabile P. Ludovico M. Calco, insigne esponente dell’Ordine dei Predicatori, familiarità che si protrasse sino alla morte del Calco, avvenuta a Troia il 20 agosto 1709, quando ancora non aveva compiuto 40 anni.(1)
(notizia pubblicata il 19/10/2013)
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(1): Cfr. Francesco Samà, La chiesa del SS.Crocifisso, il Crocifisso di Pietro Frasa e Giacomo Colombo, Cosenza 2012.
Belvedere Marittimo
Foggia (Cattedrale)
Troia (FG) (Cattedrale)
Da Wikipedia, alla voce “Belvedere Marittimo”
Un importante crocifisso ligneo risalente agli inizi del XVIII secolo (1711) è presente nella Chiesa omonima situata nel centro storico del paese. Eretta ai margini dell’abitato, a ridosso delle antiche mura della città, sul pendio che declina ripidamente verso il fondo della stretta vallata dove scorre il fiume Soleo, la Chiesa del SS. Crocifisso di Belvedere si presenta oggi con un sembiante molto semplice, quasi dimesso, che ad un primo sguardo farebbe pensare ad una storia circoscritta in confini temporali ristretti.
Basta entrare, però, nella piccola chiesa per rimanere sorpresi di fronte alla splendida scultura che campeggia sull’altare maggiore, un gigantesco Crocifisso ligneo risalente agli inizi del Settecento, testimonianza di un luminoso passato che contrasta fortemente con le modeste condizioni attuali, rendendo ancor più doloroso il confronto tra la realtà presente ed il ricco e importante percorso storico dell’antica chiesa.
La sua edificazione fu avviata nel 1599 dai confratelli della Congregazione di Santa Maria del Pianto, “eretta con le continue e larghe limosine dei cittadini”, le cui Regole vennero approvate dal Vescovo di San Marco Argentano, Mons. Giovanni Girolamo Pisani, il 14 novembre di quell’anno.
In documento del 4 luglio 1728 la chiesa viene chiamata con la duplice denominazione di “Santa Maria del Pianto” e del “SS. Crocifisso”, che ricorre in molti atti della prima metà del Settecento, allo scopo di identificare in maniera più precisa il sacro edificio, che aveva cambiato nome agli inizi del secolo. La chiesa fino al 1708 viene indicata nei documenti come Chiesa di Santa Maria del Pianto, e dal 1722 come Chiesa della Confraternita del SS. Crocifisso.
Era stata dunque la Confraternita a cambiare nome e a modificare, di conseguenza, anche il nome della propria chiesa. In un atto del 1732 si legge infatti: “Confraternita laicale della Venerabile Chiesa di S. Maria del Pianto, hoggi riformata e detta il SS.mo Crocefisso”.
Ma cosa determinò tale “riforma”? La risposta è da individuarsi nella scultura lignea raffigurante Cristo crocifisso collocata sull’altare maggiore, una superba opera d’arte, di inestimabile valore, realizzata nel 1711, epoca in cui, quasi certamente, la chiesa assunse la nuova denominazione di SS. Crocifisso.
La nuova intestazione trovava piena rispondenza nello stesso motivo ispiratore della congrega, ovvero la compartecipazione alle sofferenze di Cristo quali fratelli flagellanti, che praticavano penitenze severe soprattutto durante la settimana santa, per provare sul proprio corpo i supplizi della Passione.
Quella “croce di legno” posizionata sull’altare, davanti alla quale sostavano in preghiera i confratelli, venne sostituita nel 1711 con l’attuale Crocifisso in legno scolpito e dipinto, ordinato da un autorevole committente, il cui nome è rimasto finora ignoto, che doveva sicuramente avere una grandissima sensibilità artistica ed una notevole apertura verso le novità, oltre che una profonda religiosità. Inoltre, doveva mantenere influenti contatti con l’ambiente artistico napoletano o pugliese, territori ove operava in quegli anni l’autore della scultura, o perlomeno con i principali rappresentanti locali dell’Ordine Domenicano, probabilmente attraverso gli importanti conventi di Bonifati o di Guardia Piemontese, dal momento che il geniale artista del Crocifisso, il chierico secolare Pietro Frasa, era legato alla famiglia dei domenicani tramite l’amicizia ed i rapporti di collaborazione con il venerabile P. Ludovico M. Calco, insigne esponente dell’Ordine dei Predicatori, familiarità che si protrasse sino alla morte del Calco, avvenuta a Troia il 20 agosto 1709, quando ancora non aveva compiuto 40 anni.
Pietro Frasa, nato a Milano il 27 giugno 1678 da Giosafat ed Eleonora Goldaniga e morto a Foggia il 9 maggio 1711, era un noto predicatore e la sua idea di riforma cristiana del mondo passava attraverso l’immagine di Cristo in croce, unico modello da imitare per gli uomini e per rendere questo modello il più possibile presente davanti agli occhi dei fedeli, nel 1708 fece intagliare due crocifissi da uno scultore milanese, Giovan Battista Antignati e poi li dipinse: “Fatti dunque scolpire due simulacri di Gesù steso in croce, egli stesso li volle dipingere, con quell’espressione di piaghe, che ne fecero i Profeti e lo stesso Cristo, rivelandosi a’ Santi ancor viventi”.
Oggi quei crocifissi si trovano uno nell’Oratorio di San Gaudenzio a Galliate (NO) e l’altro nella Chiesa di S. Pietro a Oggebbio (NO).
In quello stesso anno si recò a Roma e da lì si spostò in Puglia insieme al Padre Ludovico Calco. Anche qui, prima che lo sorprendesse la morte all’età di soli 33 anni, realizzò due crocifissi, uno per la Cattedrale di Troia ed uno per la Cattedrale di Foggia, più un terzo, poi scomparso, per la città di Biccari (FG).
Il Cristo crocifisso di Belvedere, che replica quello della Cattedrale di Foggia, tranne lievi variazioni, potrebbe essere il Crocifisso di cui si erano perse le tracce, realizzato dal Frasa nel 1711 destinandolo, secondo i testimoni che deposero al processo troiano per la causa di beatificazione di P. Ludovico M. Calco, alla Chiesa Matrice di Biccari, ma del quale non rimane alcuna traccia in quella cittadina né sul territorio pugliese, né ne parlano i documenti dell’epoca, se si escludono le dichiarazioni dei testimoni.
Dunque, l’opera di Belvedere potrebbe essere proprio quel Crocifisso “misteriosamente scomparso”. Per il Crocifisso belvederese fu chiaramente usato lo stesso disegno dell’opera foggiana, con il Cristo morto che presenta il capo abbandonato sulla spalla destra, mentre il corpo si contorce a spirale ed il sangue scorre a rivoli dalle numerose ferite, una raffigurazione potente e terribile allo stesso tempo, il cui effetto sullo spettatore è ulteriormente accentuato dalle enormi dimensioni della statua: un realismo esasperato, intriso di esaltata drammaticità, non esente da gigantismo espressivo ancora legato agli stimoli caravaggeschi, in cui le figure presentano una cruda realtà.
Molto probabilmente si tratta di suggestioni riprese dal dipinto raffigurante la Flagellazione di Cristo del Caravaggio, già a San Domenico Maggiore, ora a Capodimonte, evidentemente utilizzato dal Frasa come idea per i crocifissi di Belvedere e Foggia, che mostrano la stessa plasticità e struttura compositiva, e dove la resa naturalistica si esprime con forza nella torsione del corpo martoriato del Cristo.
È possibile che egli abbia visto il dipinto del Merisi durante i suoi frequenti viaggi a Napoli, dove forse dimorava presso il convento domenicano di S. Pietro Martire, in cui soggiornava anche il compagno di viaggio P. Ludovico M. Calco.
Il Frasa si recava spesso nella città partenopea per controllare l’andamento dei lavori d’intaglio commissionati ad uno scultore del quale il Vescovo di Troia, Mons. Emilio Giacomo Cavalieri, riferendosi al Crocifisso di Foggia, scriveva: “L’artefice dell’immagine è stato uno scultore di Napoli, ma non mi sovviene il proprio nome, ma so che abita dirimpetto al Regio Palazzo nelle botteghe di Padri della Compagnia, dove anno passato v’osservai una simile, quale teneva pubblicamente esposta in vendita”.
Il lavoro d’intaglio, infatti, venne realizzato da un artista napoletano, mentre il Frasa si riservò le rifiniture e la pittura e suo fu pure il progetto, eseguito dallo scultore sotto la sua costante direzione.
Nonostante le dimenticanze di Mons. Cavalieri e considerate le numerose coincidenze che caratterizzano la vicenda, legata soprattutto alla produzione scultorea in ambito pugliese ed in particolare in Capitanata, a mio parere non è azzardato inserire i crocifissi di Belvedere, Foggia e Troia, nel corpus di uno dei maestri più affermati che dominavano, fra Sei e Settecento, lo scenario della statuaria lignea napoletana, Giacomo Colombo o della sua bottega.”(3)
(3): Francesco Samà, La chiesa del SS.Crocifisso, il Crocifisso di Pietro Frasa e Giacomo Colombo, Cosenza 2012.
Da quanto si apprende dal Samà, dunque, l’artista Pietro Frasa rifinì e dipinse 5 crocifissi che oggi si trovano nelle seguenti chiese:
1. Oratorio di San Gaudenzio, Galliate (NO), 1708
2. Chiesa parrocchiale di Oggebbio (VB), 1708
3. Cattedrale di Troia (FG), 1709
4. Cattedrale di Foggia, 1711
5. Chiesa del SS. Crocifisso, Belvedere Marittimo (CS), 1711.
Ed ecco i 5 crocifissi attribuiti o attribuibili al Frasa tutti insieme:
Galliate (NO)
Oggebbio (VB)
Troia (FG)
Foggia
Belvedere M.
In attesa di recuperare foto più nitide dei crocifissi di Galliate, Oggebbio, Troia e Foggia, di avere elementi certi circa la loro esatta individuazione e sulle loro dimensioni, possiamo subito dire che il nostro crocifisso si avvicina in maniera del tutto evidente a quello presente nella cattedrale di Foggia mentre sono altrettanto evidenti le differenze con quello di Galliate.
Girando un po’ su internet abbiamo potuto leggere alcune notizie su questi crocifissi che sinteticamente e per completezza di seguito riportiamo.
CROCIFISSO DI GALLIATE. Si trova nella chiesa di San Gaudenzio costruita nel 1649 e ingrandita nel 1727. “Il suo interno è dominato dal grande crocifisso ligneo del milanese Pietro Frasa (1712), qui venerato dal 1810”. (da www.parrocchiagalliate.it)
CROCIFISSO DI OGGEBBIO. Si trova nell’antichissima chiesa del villaggio di Gonte (sec. XII ?), “Divisa in tre navate…conserva un prezioso crocifisso, opera dello scultore milanese Pietro Frasa nel 1712”. (da www.comune.oggebbio.vb.it)
CROCIFISSO DI TROIA. Questo maestoso crocifisso ligneo si trova nella cattedrale. La croce è di abete e misura m 4,70 x 2,40. Il Crocifisso è di legno di pioppo e raffigura Gesù morente. Pietro Frasa (1678-1711) chierico e predicatore milanese, progettò, rifinì e dipinse diversi crocifissi, mentre per l’intaglio si rivolgeva a scultori di professione: uno era certamente l’Antignati, l’altro un anonimo napoletano. Nel 1933, anno santo straordinario, il crocifisso venne portato in processione… Da allora il crocifisso è stato portato in processione altre volte: nel 1950, 1975 e 2000 in occasione dell’anno santo e nel 1963 dopo il restauro”.
Interessantissima la notizia della conservazione di alcuni fogli in cui è documentata la spesa di olio di lino, olio di noce, pennelli e colori (cinabro, minio, biacca, terra verde) che servirono alla dipintura del crocifisso, fogli datati 13, 30 e 31 agosto 1709 e firmate da Mons. Cavalieri e Pietro Frasa che rappresentano la certezza della datazione e dell’autore della decorazione del crocifisso.
(da http://xoomer.virgilio.it/guidoiam/arte/guidoiam/crocifisso.htm)
CROCIFISSO DI FOGGIA. Si trova nella cattedrale ed “è l’ultima opera del predicatore milanese nato nel 1678 e morto a Foggia, a soli 33 anni, nel 1711, di pleurite.
Il Frasa collaborava con scultori del tempo per la realizzazione di crocifissi e ne curava personalmente la progettazione e la rifinitura tramite pittura. La tomba del chierico milanese è ubicata proprio sotto il crocifisso. Il crocifisso è stato restaurato nel 1963″. (da www.manganofoggia.it)
IL CROCIFISSO (foto 25):
maestosa scultura (il Cristo se si potesse distendere misurerebbe circa m 2,45) in legno di tiglio raffigurante Gesù sulla croce, opera di ignoto scultore meridionale del secolo XVII. (4)
L’attenta cura dei particolari anatomici, l’uso di uno speciale impasto (forse stucco e colla) per meglio imitare le piaghe e le lacerazioni della pelle, la perfetta torsione del corpo e la particolare bellezza espressiva del volto, oltre all’imponenza delle dimensioni, sono le caratteristiche fondamentali della scultura. La leggenda vuole che la statua si trovava a bordo di una nave che, a causa delle cattive condizioni atmosferiche, dovette fare scalo obbligato presso le nostre coste e che soltanto quando il Crocifisso venne sbarcato, potè ripartire.
(4): vedere aggiornamenti pubblicati il 19/10/2013
Quando il 9 maggio 1983 dovette lasciare la chiesa per essere trasportato nei laboratori di restauro della soprintendenza di Cosenza (il rientro avvenne il 28 agosto 1984) (foto 26), il breve tragitto dall’interno all’esterno della sua chiesa fu contrassegnato da un’indescrivibile clima di emozione e suggestione: fedeli più anziane in lacrime, altri che non volevano lasciarlo e si è dovuto fisicamente staccarli dal Crocifisso, altri che chiedevano, piangendo, “Quando ce lo riporterete?”.
Rarissime le occasioni in cui il Crocifisso è stato portato in processione per le vie del paese: negli ultimi 50 anni ciò avvenne il 14 settembre 1945 (alla fine della guerra), nel 1951 e nel novembre 1970 (in occasione delle visite dei padri missionari).
Dal 9 febbraio al 9 marzo 2001 il Crocifisso è stato esposto alla mostra “I segni del sacro. Croci e crocifissi in Calabria” allestita a Palazzo Arnone (Cosenza città). La mostra, che ha ospitato circa 50 opere provenienti da tutta la regione Calabria, ha ripercorso l’evoluzione iconografica della rappresentazione di Cristo in croce, documentando un arco temporale che va dal XIII al XVII secolo.
ALTRE OPERE
PULPITO: in gesso, opera di artista meridionale del secolo XIX
MADONNA DEI FRATELLI: in legno, opera di ignoto artista calabrese del secolo XVIII