Chiesa Santa Maria del Popolo

V. Nocito dà la notizia che questo edificio venne eretto nel secolo XVI sulle rovine dell’antica chiesa cattedrale distrutta dai Saraceni, ma i documenti pubblicati nel libro “Belloviderii” di Cono Araugio, contrastano con questa tesi in quanto si legge chiaramente che all’inizio questa chiesa era di dimensioni assai modeste e solo a partire dal 1610 fu ricostruita e ampliata in tre navate. La troviamo nominata per la prima volta, in ogni caso, in un documento del 18 marzo 1329 come “Ecclesiam B. Mariae Novae de Bellovidere”, ma probabilmente la sua costruzione risale all’XI-XII secolo perchè nella Platea della Chiesa Madre, redatta nel 1728, si attesta la presenza di una campana in bronzo datata MCIIII (1104), come meglio dirò più avanti.

 

Ritornando al XVII secolo, sappiamo che in questo periodo le porte d’entrata erano solo due (la centrale e quella sinistra) in quanto l’inizio della navata destra era occupata dalla scala in legno con la quale si accedeva al “sovrapopolo dove stanno gli Argani a nove Registri; a latere dei medesimi v’è un tamburo, entro del quale sta composto l’orologio con i suoi ordegni che lo mantengono. E poco distante da detto orologio verso scirocco vi sono tre pelastri, che sostengono le due campane di bronzo di detta Madre Chiesa…” una delle quali datata 1104. Nel 1636 furono realizzate, ad opera del napoletano Vincenzo Failla, le decorazioni in stucco degli archi della navata centrale e delle due colonne del presbiterio. Fu sede di due parrocchie fino al 1812. Tra il 1950 e il 1958, in occasione dell’anno santo (del 1950), fu rifatto il pavimento e demolito il vecchio campanile ed eseguiti altri lavori di restauro (1950-1958). Nel 1997(?) ha subito il furto dei due putti in legno dorato del secolo XVII (posizionati in alto ai due lati dell’altare principale; al loro posto oggi vi sono due copie, opera di laboratorio romano) e delle due teste d’angeli in marmo bianco con cui concludeva, ai due lati superiori, l’altare principale datato 1779.

 

Recentemente (dicembre 2000) è stato ampliato l’altare con l’abbattimento delle colonnine in marmo centrali, rifatta la mensa centrale ed edificato un ambone rivestito in marmo. I putti (le copie) sono stati spostati dalla loro posizione originale e sono stati adagiati ai lati dell’altare.

 

Nel 2005 è stata restaurata. All’interno la chiesa è stata ripitturata e sono state riportate alla luce le decorazioni di colore blu che erano state nascoste dall’ultimo rifacimento dei colori interni.

MADONNA COL BAMBINO:

altorilievo in marmo d’alabastro posto fino a febbraio 2005 sulla facciata principale della chiesa ed attualmente situato all’interno della chiesa sulla destra appena si entra; reca in basso iscrizione, completata, secondo gli esperti, successivamente con la data 1416 erronea. L’opera sarebbe, infatti, di fattura fine-metà XVI secolo, avvicinabile alle sculture dell’artista Rinaldo Bonanno che si formò alla scuola del fiorentino G.A. Montorsoli.

Iscrizione:

HOC OPUS FACTUM FUIT P.

DEVOCONE DONNI PASCASIY

HECTOREI AD HONORE DEI

SUE Q. SANCTISIME MATRIS

ET VOCATUR H MARIA AN. D. 1416

 

Studi recenti attribuiscono l’opera allo scultore campano Cesare Quaranta.

VISITAZIONE:

dipinto olio su tela (cm 200×150) situato nella navata sinistra della chiesa; databile intorno alla I/a metà del XVIII secolo, è opera di G.Battista Lama (1673-1748) discepolo di Luca Giordano e di Paolo De Matteis. Raffigura la visitazione di Maria Vergine a S.Elisabetta; alle loro spalle S.Giuseppe, S.Gioacchino e una terza figura non identificata. L’opera è stata restaurata nel 1981(?) a cura della soprintendenza di Cosenza. (

ASSUNZIONE della Vergine Maria:

dietro l’altare centrale; imponente dipinto olio su tela (cm 210×400) raffigurante l’Assunzione di Maria Vergine in cielo, tra uno stuolo di angeli musicanti; sotto, il sepolcro rimasto vuoto. L’opera, fino a poco tempo fa era stata datata tra la fine del XVI e la I/a meta del XVII secolo e attribuita a ignoto pittore meridionale di scuola spagnola, secondo gli studi del prof. Mario Panarello dell’Accademia delle Belle Arti di Lecce, che l’ha illustrata dal punto di vista storico-artistico durante la sua presentazione alla comunità di Belvedere subito dopo il restauro (nov 2022 – mar 2023), è attribuibile al pittore calabrese Daniele Russo (1650-1725). Gli studi sono stati resi noti sulla rivista Esperide (rivistaesperide.it). Cornice lignea dipinta e dorata.l

CIRCONCISIONE DI GESU’ BAMBINO:

olio su tela, opera di ignoto pittore dell’Italia meridionale del secolo XVII.

Gruppo scultoreo "La Pietà"

A fianco “LA PIETA'” gruppo scultoreo in legno di ciliegio del secolo XVIII, opera di ignoto scultore meridionale.

Appena restaurata (la foto, tratta dalla cartolina distribuita alla fine della sua presentazione al pubblico, è stata scattata a settembre 2013, subito dopo il recente restauro durato circa un anno) da Antonio Adduci di Grisolia CS, la statuta raffigura la nota icona della Pietà con l’aggiunta di una croce posizionata alle spalle della Madonna.

Questo particolare della croce, inusuale nelle raffigurazioni di questo tema religioso, fa pensare all’utilizzo della statua nella processione del Venerdì Santo. (*)

E questo spiegherebbe anche il perché della sua conservazione all’interno di un armadio (e non, invece, collocata in una cappella o altare proprio) vetrato su tre lati: la statua, alla fine della processione, veniva conservata nell’armadio (fino a qualche anno fa posizionato, a sua volta, nella cappella laterale a sinistra del presbiterio) fino al Venerdì Santo seguente.

Come data di suo ultimo utilizzo nella predetta processione si può ipotizzare il 1872 (o 1860) e questo spiegherebbe il perché oggi nessuno più se lo ricorda.

A lato, particolare del volto della Madonna.

(La foto è tratta dal depliant stampato in occasione della presentazione della statua subito dopo il restauro, avvenuta il 05/10/2013 nella chiesa Santa Maria del Popolo.)

(*): cinque motivi a favore dell’utilizzo della statua della Pietà nella processione del Venerdì Santo:

1. La presenza della croce alle spalle della scultura

2. La mancanza di altare, nicchia o cappella propria

3. La collocazione “temporanea” in armadio come avviene per altre statue portate in processione il venerdì santo

4. La notizia storica del 1872 in cui viene vietata la pratica dei Vattìnti (la Pietà incarna in maniera molto forte lo strazio della sofferenza umana)

5. Corollario del punto 4: la statua non è stata più portata in processione a causa della sua pensantezza o deterioramento o danneggiamento

ALTRE OPERE

ACQUASANTIERA: in marmo bianco, opera di ignoto marmoraro calabrese del sec. XVII

ALTARE MAGGIORE: in marmo bianco con tarsie di marmi policromi, opera di ignoto marmoraro calabrese; l’opera è datata 1779 e restaurata nel 1818

CONFESSIONALI: in legno di noce, opera di intagliatori locali del XVIII secolo

STATUA MADONNA DEL CARMELO: in legno, opera del secolo XVIII

CORO: (dietro l’altare maggiore) in legno, costituito da 15 stalli, opera di ignoti intagliatori calabresi del XVIII secolo

PULPITO: in noce, opera di ignoti intagliatori calabresi, è datato 1742

Una piccola croce sul sagrato della Chiesa Madre, oggi non più esistente

Piazza Amellino e croce esterna S.Maria3_V.1

foto 1

foto 2

Nella Foto 1, scattata tra il 1953 e il 1956, si vede, cerchiata di rosso, la croce oggetto della presente breve ricerca storica e, nella Foto 2, scattata nel 2009, il suo basamento superstite.

I pochi resti della croce, che ormai, anno dopo anno, perdeva un pezzo, sono stati rimossi definitivamente negli anni ’80-’90 del XX secolo.

Fino agli anni ’80, comunque – è un ricordo personale – era ancora intatta.

 

Ma quando e perché è stata collocata in quel luogo (che indicherò con “ultima o definitiva collocazione”)? È stata sempre lì oppure si trovava in un altro posto?

Queste le domande alle quali cercherò di dare una risposta.

 

La data esatta in cui è stata collocata lì non è possibile stabilirla con sicurezza.

Intanto iniziamo col dire che la croce potrebbe risalire al XVIII secolo (come vedremo più avanti) e potrebbe essere stata posizionata in quel punto, dove è rimasta fino agli anni ’80-’90, nella prima metà del XX secolo.

 

Purtroppo non sappiamo cosa sia accaduto nei primi anni del ‘900, che è la data probabile della sua collocazione “definitiva”, e, in particolare, se ciò sia avvenuto qualche decennio prima dell’Anno Santo del 1950 oppure negli anni immediatamente dopo, in occasione dei lavori di restauro della chiesa Madre, eseguiti tra il 1950 e il 1958 (*1).

Non possiamo escludere, però, che la croce sia stata collocata lì anche molto tempo prima degli anni ’50, forse nel secolo precedente. 

Le fattezze del basamento e la sua attuale collocazione, comunque, ci farebbero optare per il secolo XX e che detto basamento fosse stato appositamente costruito per reggere la croce che risalirebbe, come già detto, al XVIII secolo, sia per la sua funzione (di cui dirò fra poco) sia perché “già negli anni ’70 si trovava in uno stato di corrosione molto avanzato.

 

Un piccolo ulteriore contributo ci viene dalle seguenti due foto.

 

Piazza G. Amellino_Ed.Fratelli Orsini_particolare

foto 3

Piazza Amellino e croce esterna S.Maria_V.2_particolare2

foto 4

In queste foto, in cui in entrambe si vede la croce, notiamo due particolari interessanti:

1) la presenza del vecchio campanile, demolito nel 1956/58

2) la propaganda elettorale  (nella foto 4) e la sua assenza (foto 3) che permette di datare la foto 3 al 1950-52  e la foto 4 al 1953-56.

 

Esse, però, attestano la presenza della croce nella sua ultima posizione già in quegli anni ma non ci danno ulteriori indicazioni. Il dubbio sull’anno della sua collocazione, quindi, resta.

 

Oggi nessuno ricorda il motivo della sua presenza e il suo scopo, ma fortunatamente possiamo dedurlo dalla Platea della chiesa Madre, redatta nel 1728:

in quell’area, accanto alla chiesa, c’era un “Cimiterio”, forse anche un ossario cimiteriale e quella croce indicava proprio la presenza del cimitero.

La Platea, infatti, riferisce che il Rettore dell’epoca, don Gerolamo Petrellis, “…voleva principiare a fabbricare il Campanile nuovo…e propose (come luogo quello) ove l’hodierno Arciprete Granati ha fatto il Cimiterio (e cioè) a latere dell’Astraco di detta Chiesa verso occidente…”.

Il campanile, poi, non si fece perché il Rettore voleva costruirlo al posto del cimitero, mentre l’Arciprete voleva rifare e ampliare il cimitero e solo successivamente costruirci sopra il campanile.

 

La croce, dunque, risalirebbe al XVIII secolo e contrassegnava la presenza del cimitero.

 

Nella prima metà del XX secolo (*2) , poi, quando il cimitero, che da oltre un secolo ormai non veniva più utilizzato (*3), venne definitivamente smantellato, qualcuno decise di conservarla e lasciarla sul posto, per rispetto alla memoria del luogo, non immaginando che si sarebbe perduta ricordo della sua funzione.

 

Anche il suo posizionamento originario è difficile stabilirlo, ma non doveva essere molto lontano dal punto della sua ultima collocazione.

Stava a indicare, come già detto, la presenza del “Cimiterio” che era collocato o sul lato destro della chiesa, addossato alla sua navata destra in corrispondenza dell’ingresso, su un’area dove un tempo sorgeva anche il vecchio campanile (area che indicherò con Area 1) oppure (ed è più probabile) nel luogo dove attualmente c’è il parapetto che dà sulla piazza sottostante e, dunque, proprio nei pressi dell’ultima collocazione della croce (che chiamerò Area 2).

 

Fino alla fine degli anni ’90 e inizi del 2000 si poteva accedere in quest’area (Area 1) attraverso un cancello in ferro (che si intravede nella foto 4, cerchiato di rosso), oggi non più esistente, dove non c’erano protezioni laterali e quindi molto pericolosa specialmente sul lato di destra che sporgeva a picco sulla piazza. 

Era qui, dunque, che un tempo sorgeva l’antico campanile.

V’era anticamente il campanile formato secondo la tradizione havuta da D’Ippolito Petrelly ed altri Antichi, il quale stava situato nell’Astraco di detta Chiesa fra l’ala verso scirocco e la casa delli di Perez, il quale fu accomodato e vi spesero ducati 60 incirca con farci una mazza, poi perché era antico e a causa del terremoto nuovamente si aprì e lo rendè cadente, tanto che si fece smantellare, e sfabbricare per non apportar maggiormente danno” (*4).

Si tratta del primo campanile della chiesa, risalente quindi al XVI-XVII secolo, che venne danneggiato dal terremoto del 1693 (*5)  e demolito qualche anno dopo.

È probabile che un tempo si accedeva al campanile direttamente dall’interno della chiesa, attraversando prima la porticina che ancora oggi si trova nella sua navata destra e che dà in un piccolo locale tipo sagrestia e da qui, poi, attraversando un’ulteriore porticina, si entrava direttamente nella base del campanile stesso. 

Non escludo, tuttavia, la possibilità che già nel XVI-XVII secolo il cimitero o comunque il suo primo nucleo, si trovasse alla base del campanile, anche se dalla diversità di visioni sulla sua ricostruzione da parte del Rettore e dell’Arciprete, del 1725-28, sopra riportata, si evincerebbe che il cimitero sorgesse a lato del demolito campanile e che era stato da poco costruito (“…ove l’hodierno Arciprete Granati ha fatto il Cimiterio…”).

 

Se, dunque, il cimitero non si trovava alla base dell’antico campanile (ipotesi più probabile), per accedervi bisognava comunque attraversare il campanile e poi, verosimilmente, anche il cancello che ho richiamato sopra.

Sempre che, naturalmente, il cimitero fosse già attivo quando l’antico campanile esisteva ancora.

 

Dalla citata Platea della chiesa Madre, quindi, non si evince in maniera chiara dove si trovasse l’antico campanile (“…nell’Astraco di detta Chiesa fra l’ala verso scirocco e la casa delli di Perez…”: di quale Astraco parla? dove si trovava la casa di Perez?) e dove, invece, il cimitero (“…ove…ha fatto il Cimiterio a latere dell’Astraco di detta Chiesa verso occidente…”: dove si trovava questo Astraco? parla dell’Area 2?).

 

Il Rettore, infatti, voleva riscostruire il campanile o nello stesso posto di quello demolito (Area 1) mettendo comunque fine alla funzione del cimitero, anche se si trovava in un’area diversa (Area 2) oppure, ipotesi più probabile, voleva costruirlo proprio sul luogo dove c’era il cimitero (Area 2) che, però, doveva essere smantellato.

L’Arciprete, invece, era favorevole alla ricostruzione del campanile ma contrario alla chiusura definitiva del cimitero che, probabilmente, voleva lasciare alla sua base.

 

Pubblicato il 25/04/2024; aggiornamento 01/05/2024 

(*1): Dall’archivio Jaconangelo sono emersi alcuni articoli di giornale dal 1948 al 1958 dai quali si evincono le grosse difficoltà che il restauro della chiesa ha comportato. I lavori, infatti, sarebbero iniziati nel 1959-52, più volte sospesi e completati forse anche dopo il 1958. La chiesa è rimasta chiusa per mesi e per qualche tempo anche priva di copertura del tetto.

(*2): Ho optato per questa ipotesi, ma la data di collocazione definitiva della croce, come già detto, non è certa

(*3): Con l’editto napoleonico di Saint-Claud del 1804 venne imposto il divieto di sepoltura sia all’interno che all’esterno delle chiese

(*4): Platea della chiesa Madre, 1728

(*5): “Belloviderii”, Cono Araugio, 2006

I quattro campanili della Chiesa

La storia dei campanili della chiesa Madre è perfettamente sintetizzata nel libro “Belloviderii” di Cono Araugio pubblicato nel 2006 :

La chiesa Madre ha avuto quattro campanili.

Il primo per come narra Perrelli era situato sulla torre di difesa sita in piazza Amellino impostato nella forma all’antica… A motivo del terremoto del 1693 fu indebolito nella struttura muraria e nonostante rinforzi successivi furono costretti a demolirlo.

Il secondo fu innalzato alla fine del 1700 (*1) sulla quinta campanaria a destra della facciata e conteneva tre campane grandi (*2)… Non conosciamo le motivazioni che portarono alla sua demolizione negli anni ’50.

Il terzo fu costruito nel 1960 sulla torre/sagrestia…” che era stata costruita nel 1715. “…Fu demolito nel 1990…”.

Il quarto, quello attuale, “…voluto così dalla Sovrintendenza nel 2002…”

 

IL PRIMO

Il primo campanile fu costruito, con molta probabilità, nel XVI-XVII secolo. Ed è a questo campanile che si riferisce la Platea della chiesa redatta nel 1728:

V’era anticamente il campanile formato secondo la tradizione havuta da D. Ippolito Petrelly ed altri Antichi, il quale stava situato nell’Astraco di detta Chiesa fra l’ala verso scirocco e la casa delli di Perez, il quale fu accomodato e vi spesero ducati 60 incirca con farci una mazza, poi perché era antico e causa del terremoto nuovamente si aprì e lo rendè cadente, tanto che si fece smantellare, e sfabbricare per non apportar maggiormente danno”.

Questo primo campanile, dunque, si era danneggiato ed era stato riparato, ma il terremoto del 1693 lo danneggiò definitivamente e quindi si decise di demolirlo. Siamo alla fine del XVII secolo inizi XVIII.

Non abbiamo sue foto né disegni o descrizioni, ma possiamo immaginarcelo come nella seguente foto.

 

Campanile_Basilica S_Maria_Assunta_Bagno di Romagna

La foto di questo campanile è interessante anche perché ci suggerisce che l’orologio, oggi non più esistente, di cui si parla nella Platea (vedere paragrafo successivo) e che nel XVIII secolo si trovava sulla facciata della chiesa, forse proveniva proprio da questo primo campanile.

 

IL SECONDO

La Platea ne parla in questi termini:

Avanti la quale v’è la scala di legno, che si va alle campane, all’orologio….” .

E poco distante da detto orologio verso scirocco vi sono tre pelastri, che sostengono le due campane di bronzo di detta Madre Chiesa…” 

Siamo nel 1728.

Poi dice questo:

Il suddetto Rettore Petrellis voleva principiare a fabbricare il Campanile nuovo in quella forma si richiedeva, e propose ove l’hodierno Arciprete Granati ha fatto il Cimiterio a latere dell’Astraco di detta Chiesa verso occidente, il quale veramente doveva farsi d’altra migliore forma. Con avere insinuato detto Rettore Petrellis a detto arciprete Granati, che l’havesse contribuito solamente voleva spendere in detto Cimiterio, ch’era peso di detto Rettore principiare li mura di pol. Nove a Bastione della grandezza che li chiedeva detto Campanile, e portarli alla parezza dell’Astraco, ove vi veniva il Cimiterio di migliore forma, e poi si poteva proseguire il Campanile, e non volse contentarsi, di che ne stà pienamente informato Mons. Ill.mo Cavalieri e tutti i Cittadini di Belvedere” 

Questa diversità di vedute, tra il Rettore e l’Arciprete, per la verità non molto chiara, fece sì che il campanile nuovo non venisse costruito e le cose rimasero com’erano.

Di questo secondo campanile abbiamo alcune foto degli anni ’50 che lo riprendono dal basso e da dietro. La prima foto è databile tra il 1946 e il 1952 mentre la seconda tra il 1953 e il 1956.

Questo campanile è stato demolito nel 1956/58 (*3) perchè “...una larga lesione si riscontra nel campanile…” (*4) e, forse, perchè, a causa della sua posizione, l’area di diffusione sonora era limitata.

1946-1952

1953-1956

IL TERZO

Con la demolizione del secondo, si iniziò a costruire, in cemento armato, il terzo: siamo tra il 1956/58 e il 1960.

Eccolo in una foto dei primi anni ’80 del XX secolo.

La sua demolizione risalirebbe al 1990. (*5)

1980-84

IL QUARTO

Nella foto seguente il campanile attuale, costruito nel 2002.

Campanile_Marzo 2005

marzo 2005

(*1): è sicuramente un errore di battitura. Il secondo campanile, infatti, fu innalzato tra la fine del 1600 e gli inizi del 1700.

(*2): la Platea del 1728 parla di due sole campane

(*3): archivio Jaconangelo: articoli di giornale pubblicati tra il 1948 e il 1958. Il campanile è stato demolito insieme alla cantoria. In questi anni la facciata della chiesa era nascosta una una impalcatura.

(*4): archivio Jaconangelo: da un articolo di giornale pubblicato il 27 maggio 1948 dal titolo: “Urge a Belvedere M. restaurare la Matrice” 

(*5): a conferma, una ripresa video del 1993 in cui si vede che il campanile era stato già demolito